In questi giorni, tutti ci siamo trovati di fronte al problema del COVID-19 come possiamo gestire e affrontare questa situazione?
I genitori si chiedono: "come affrontare l'argomento con i nostri figli?"
Molti dei quali spaventati dal bombardamento di notizie e dalle stesse ansie di mamma e papà. Ricordiamoci un genitore che ha paura, deve saperla gestire. Dire che non si ha paura, se invece la si ha, è sbagliato, ma occorre far vedere che ci si difende dalla paura, con buon senso.
I bambini imparano per modellamento, per imitazione: vedere due genitori che, seppur impauriti, non mostrano angoscia è fondamentale.
I genitori si devono prima di tutto auto-tranquillizare.
Sappiamo che questo isolamento è forzato, ci crea una distanza e favorisce il crescere di un senso di solitudine, non possiamo fare ciò che vogliamo.
#iorestoacasa
Noi dobbiamo stare in casa più che per proteggere noi stessi per salvare gli altri più deboli e/o esposti. Questo è difficile da capire. Siamo disorientati ma non dimentichiamo che gli esseri umani sono in grado di adattarsi a tutto, è necessario tempo e motivazione. Ciò che è avvenuto in questi giorni non ha lasciato tempo per adeguarsi. La mente umana procede per assimilazione, ciò che è nuovo viene valutato per quanto assomiglia a qualcosa che già conosciamo e questo ci rassicura perché ci da dei riferimenti per affrontare la novità.
a cura della Dr.ssa CRISTIANA SALVI
A breve un articolo di approfondimento…...
Nuove prospettive secondo la metodologia Funzionale
(1° PARTE DI 2)
a cura Dr.ssa Cristiana Salvi
Gli attacchi di panico sono considerati oggi una tra le sintomatologie più frequenti nella nostra popolazione, ma bisogna conoscere il loro Funzionamento di fondo perché facilmente possiamo confonderli con episodi di Ansia generalizzata (GAD) che si presentano anch’essi con modificazioni psichiche e somatiche molto simili: sensazioni di pericolo imminente, preoccupazioni, disagio e disturbi legati all’apparato respiratorio, cardiocircolatorio, si presentano senza un apparente motivo.
Considerando il fatto che è sempre prudente e indispensabile rivolgersi ad uno specialista per evitare di appiccicarsi addosso diagnosi errate, possiamo conoscere più a fondo questa sintomatologia, riconoscerla e vedere che cosa possiamo fare.
Il Disturbo da Attacchi di Panico, meglio definito come DAP si distingue dal disturbo di ansia generalizzata in quanto è caratterizzato da una sintomatologia violenta e improvvisa che procura nella persona un’esperienza di forte angoscia. Si manifesta con un episodio di intensa paura e una rapida escalation dell’ansia normalmente presente, il tutto accompagnato da sintomi somatici e cognitivi, quali palpitazioni, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, paura di morire o di impazzire, brividi o vampate di calore.
Chi ha provato gli attacchi di panico li descrive come un’esperienza terribile, spesso improvvisa ed inaspettata, almeno la prima volta. E’ ovvio che la paura di un nuovo attacco diventa immediatamente forte e dominante, la persona “cade in una sorta di crisi di identità” essendo sempre stata generalmente una persona efficiente, indipendente, autonoma e tutto ad un tratto sente che non può farcela più da sola.
Che cosa si nasconde dietro l’Attacco di Panico?
Sembrerà strano ma possiamo considerate l’attacco proprio la fuori uscita di un bisogno di fondo, rappresenta un momento di rottura. Il sintomo in questo caso riporta alla luce un bisogno di fondo della persona che in quel momento della sua vita sta’ emergendo.
Il bisogno prevalente è quello di essere sostenuto, tenuto e accolto nella paura. Infatti dopo il primo episodio come abbiamo accennato la persona vive in continuazione nella paura di averne uno, si crea un vero e proprio “corto circuito” della paura, dove inizialmente la persona ha la sensazione di poterlo controllare ma poi in verità si insinua una sorta di allarme continuo che porta la persona a pensare che al più presto tutto questo riaccadrà.
Il singolo episodio, quindi, sfocia facilmente in un vero e proprio disturbo di panico, più per "paura della paura" che altro. La persona si trova rapidamente invischiata in un tremendo circolo vizioso che spesso si porta dietro la cosiddetta "agorafobia", ovvero l’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico inaspettato.
Lo spazio COGNITIVO si restringe,la persona tende a evitare la situazione che provoca l’attacco, si crea un collegamento su dove è venuto la prima volta, mentre è importante dire e sottolineare che il primo evento scatenante è causale ma rimane condizionante in seguito.
Che cosa è la DEGLUTIZIONE DEVIATA e come si tratta?
La deglutizione è un meccanismo neuromuscolare complesso che subisce una fisiologica maturazione nel corso della vita dell’individuo: dalla deglutizione fetale infatti, si passa alla neonatale, alla mista ed infine a quelladi tipo adulto.
Potrebbe accadere però che gli schemi motori infantili si protraggano anche in età adulta, determinando così una “deglutizione atipica”; con conseguenti alterazioni delle funzioni di tutto il distretto oro-bucco-facciale, ovvero uno : SQUILIBRIO MUSCOLARE OROFACCIALE.
In tal caso quindi , sarà necessario ricorrere ad un’accurata valutazione delle funzioni orali primarie
(respirazione ed alimentazione) e secondarie ( articolazione verbale-fonatoria, attività sensoriali, mimica ecc), per poi avviare un programma di intervento riabilitativo definito : Terapia miofunzionale.
Tale trattamento funzionale si avvale dell’applicazione della forza muscolare; con lo scopo di ripristinare un equilibrio della muscolatura orofacciale attraverso la rieducazione della: masticazione, fono-articolazione, malocclusione e sintomatologia dolorosa dell’ articolazione temporo-mandibolare, in tutte le fasce di età.
Quali sono i segni ed i sintomi dello SMOF ( squilibrio muscolare orofacciale)
- Abitudini viziate ( succhiamento del dito o delle dita, uso prolungato del ciuccio o della tettarella del biberon, mangiare le unghie/ onicofagia, digrignare i denti/bruxismo ecc)
- Malocclusione (crescita anormale dei denti)
- Respirazione orale ( a bocca aperta), ipertrofia adenoidea, otiti
- Scorretta alimentazione
- Difficoltà di adattamento con protesi e/o impianto
- Labbra ipo/ipertoniche
- Palato ogivale ( alto e stretto)
- Anchiloglossia (maggior presenza di tessuto connettivo che impedisce alla lingua di muoversi liberamente)
- Maggiore o minore distanza naso/mento durante l’atto deglutitorio
- Angolo cervico pelvico mandibolare ottuso
- Astigmatismo, disturbi visivi
- Alterazioni posturali localizzate, cefalee
- Alterazioni dell’articolazione verbale fonatoria : errata pronuncia dei suoni : s di sole , z di rosa, ts di tazza, z di zaino; dove la lingua si interpone tra i denti
- Scorretto posizionamento della lingua a riposo
- Frenulo linguale corto
- Difficoltà a mantenere l’attenzione e la concentrazione
- Russamento notturno
- Dolore all’ATM (articolazione temporo-mandibolare)
A chi è indirizzato il trattamento miofunzionale?
Può coinvolgere tutte le fasce di età. Nel bambino, si può intervenire precocemente già dall’età di 5 anni eliminando i vizi orali; impedendo così l’insorgenza di problematiche secondarie.
Intorno ai 7-8 anni invece, il bambino è pronto ad intraprendere il percorso rieducativo completo.
Anche gli adolescenti e gli adulti possono seguire il trattamento.
Cosa comporta un mancato trattamento miofunzionale?
Si possono verificare conseguenze di natura odontoiatrica e non.
Tra le prime vi sono: denti sporgenti, mal riuscita di interventi ortodontici (a causa dell’errato posizionamento linguale a riposo) problemi masticatori.
Le altre riguardano: disturbi fonatori, disturbi posturali ecc.
A chi bisogna rivolgersi?
Il logopedista è la figura professionale che si occuperà di effettuare la valutazione ed il trattamento rieducativo delle funzioni orali sopracitate; parallelamente, anticipatamente o posteriormente al percorso ortodontico intrapreso dal paziente. La durata della terapia va da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 1 anno ( con controlli/ Follow up a distanza).
a cura della Dssa Cannillo Manuela, Logopedista